Partito, participio passato
MASSIMO GRAMELLINI ” LA STAMPA”
La fine del Partito democratico non è un giorno di festa, neanche per chi ha sempre ironizzato su quell’accozzaglia di accoltellatori narcisisti, tenuti insieme soltanto dal mastice del potere. Bello o brutto che fosse, ed era diventato particolarmente brutto, il Pd rappresentava l’ultimo partito.
L’ultima struttura politica in grado di organizzare congressi e di eleggere un segretario, anziché un padrino o un padrone. Magari un segretario senza carisma e con uno staff mediocre. Ma pur sempre una leadership provvisoria e rovesciabile o, come va di moda dire adesso, contendibile. Pure troppo. Il Pd muore di troppe contese. Non si dissolve per mancanza di dialogo, ma per babelica sovrapposizione di voci.
Alla sua caotica scomparsa fa da contraltare, in queste ore di conclave quirinalizio, la compattezza granitica dei movimenti personali. Non un grillino, un leghista o un berlusconiano hanno finora votato contro gli ordini dei rispettivi capi. E’ questo che vogliamo, in nome della rapidità e della coerenza delle decisioni? Le voci diverse, che negli esecrati partiti della Prima Repubblica raggiungevano in qualche modo l’armonia di un coro, devono lasciare il podio agli assolo dei tenori con claque al seguito? Le colpe dei partiti sono enormi, ma nel momento in cui l’ultimo di essi si inabissa fra gli sberleffi collettivi, permettetemi di riadattare a futura memoria il celebre paradosso di Churchill. La democrazia dei partiti è il sistema peggiore che l’uomo abbia escogitato, esclusi tutti gli altri.