Morire è un diritto?
Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie, Marco. Grazie mille.
Fabiano Antoniani è un ragazzo affetto da tetraplegia e cecità a causa di un incidente stradale.
Fabiano non vuole vivere. Ma ne ha il diritto?
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni […]
Art.579 c.p.
In Italia, il suicidio (o meglio, il tentativo) non è reato; il suicidio assistito, invece, è illegale.
Ciò significa che chi non ha la capacità di provocare la propria morte, generalmente a causa di gravi patologie, non ha il diritto di morire neanche se lo volesse.
Per rispondere, bisognerebbe riflettere sui casi dei malati terminali, persone soggette all’accanimento terapeutico enon in grado di guarire, e sui casi di persone come Fabiano che, più che morire, scelgono di non vivere.
Ma più che dell’eutanasia, la questione riguarda il diritto alla morte.
Certamente il quesito è più di carattere etico che giuridico.
Lo Stato può decidere cosa fare della tua vita? Detto così, i più certamente disapproveranno. Penseranno che la vita è l’unica cosa ad appartenerti davvero e aver la facoltà di decidere per essa sembrerebbe il minimo.
Eppure, non hanno torto gli oppositori del suicidio assistito, soprattutto riguardo al recente caso di Dj Fabo, affermando, più che il diritto alla morte, il diritto alla buona vita. C’è da chiedersi in cosa consiste avere una “buona vita”: di certo sono caratteri l’assenza di dolore fisico e psichico. Nel primo caso è ovvio pensare che si tratti di combattere il male corporeo attraverso farmaci e cure mediche, ma per chi ha perso il desiderio alla vita deve essere “forzato” ad essa?
Inviterei ognuno ad interrogarsi, sia perché oggi non abbiamo una soluzione (solo un groviglio di opinioni diverse e di “secondo me”), sia perché si tratta anche di un nostro diritto (sempre che di questo si tratti).
Sono quesiti, forse troppi e troppo ardui. Ma solo così si troviamo risposte.