LE MUSE STANNO A GUARDARE
Le muse della Certosa possono finalmente essere ammirate, grazie sia al restauro dell’edificio, sia alla nuova sede del Museo del giocattolo e delle cere del Prof. Pietro Piraino, inaugurata domenica 30 marzo c. a. e che avrà come percorso espositivo le stanze attigue alla sala centrale e quelle del piano superiore, un tempo luogo di cultura.
La Certosa, chiamata così per le statue in cera di celebri personaggi vestiti con il saio bianco come i certosini, è un edificio in stile neoclassico fatto edificare dal principe di Butera, Ercole Maria Branciforti alla fine del 1797, non solo come museo di statue di cera, ma come luogo ove si svolgevano incontri musicali, teatrali e di poesia, il tutto per allietare i viaggiatori del Gran Tour che arrivavano in villa.
Gli ospiti del principe, dopo la passeggiata nel giardino delle delizie, arrivavano al padiglione della Certosa, ed entravano attraverso un pronao in stile dorico alla sala centrale di forma rettangolare, con affreschi di un tempio con le statue delle muse (che ancora oggi si possono identificare in: da sinistra il ritratto della principessa Caterina Branciforti e Ventimiglia sposa del principe Ercole Maria Branciforti, a destra la musa dell’astronomia in abito greco, di fronte Apollo Liceo con la cetra in mano e nell’altra la maschera teatrale greca, a fianco Polimnia la musa della poesia).
A partire dal 1750 le scoperte archeologiche di Ercolano, Pompei, Paestum, Solunto, Agrigento e le teorie di Winckelmann e le opere di Raphael Mengs, influenzarono la pittura tanto da ricreare con la tecnica del trompe loeil i luoghi della memoria archeologica.
Dai dipinti a fresco delle pareti della sala centrale, si può notare che, l’idea del principe era quella di ricreare un tempio corinzio con delle statue delle muse.
A partire dal 1800 i Lanza Branciforti per saldare i debiti vendono parti della proprietà e fino alla prima metà del secolo scorso la Certosa è in totale stato d’abbandono e il giardino delle delizie si trasforma in lotti da edificare.
Le muse assistono al devastamento prima del giardino poi alla razzia delle statue di cera e guardano come il tempio della cultura si trasforma prima in stalla per cavalli e poi come rifugio per ubriaconi e prostitute.
Oggi quello che doveva essere un viale scenografico con essenze arboree e profumate si presenta con una cortina di case popolari che affollano l’ingresso del padiglione, e nel retro la strada carrabile che lambisce la costruzione.
Pertanto solo la consapevolezza di un bene restaurato, può far capire come sia importante recuperare la memoria storica di quello che alcuni uomini hanno distrutto
Le muse stanno a guardare oggi quello che attraverso il restauro, la tutela e la valorizzazione, gli uomini di cultura vogliono ridare come patrimonio alla città.
Prof. Maria D’Amico