La fotografia unica ed essenziale, dedica a Letizia Battaglia
Basta guardarci intorno per notare miriadi forme d’arte, quest’ultima può manifestarsi in molti modi, forme e colori. L’arte rende armonioso ogni animo umano e dipende dal mezzo che stiamo utilizzando, può essere anche un modo per manifestare e perchè no anche per denunciare. La fotografia è uno dei mezzi più importanti che l’umanità possiede perché dà la possibilità di immortalare un momento unico e irripetibile. Nel territorio palermitano la fotografia è stata essenziale per raccontare i crimini mafiosi, basta ricordare Letizia Battaglia, che ha offerto la sua intera vita per testimoniare la crudeltà della mafia ed ha utilizzato la fotografia come strumento di militanza .
Come lei stessa disse:
«Guardare una fotografia è come guardare un paesaggio ghiacciato fuori da una finestra che non ci appartiene. Tutto ciò che vediamo non ci appartiene e siamo a conoscenza del fatto che tutto quello che vediamo è reale e non è altro che uno sguardo congelante sulla memoria»
Grazie a queste immagini tragiche e potenti, ma allo stesso tempo emozionanti e stilisticamente poetiche, la fotografa siciliana diventa nota all’estero con il soprannome di “fotografa della mafia”, lavorò come fotoreporter nei cosiddetti “anni di piombo”, dove le faide mafiose insanguinavano le strade del palermitano.
Ma chi era Letizia Battaglia?
Nacque a Palermo e visse quasi completamente la sua vita a Palermo. A 27 anni conobbe casualmente il poeta Ezra Pound, questa conoscenza l’avvicinò alla sua poesia che divenne grande fonte di ispirazione per tutta la sua vita. Letizia troverà lavoro poi presso “l’Ora”, un giornale locale di Palermo col quale collaborerà per parecchi anni anche dopo una breve esperienza a Milano all’inizio degli anni ’70. A Milano, Letizia imparerà a fotografare finché, nel ’74, tornerà nella sua amata città natale in seguito ad una proposta di lavoro per un posto in qualità di responsabile della fotografia sempre per il giornale “l’Ora”. Letizia Battaglia notò che la sua città era percorsa da una successione ciclica di male, dovuto alla mafia, alla politica corrotta, del clientelismo, della povertà e dalla spaventosa disparità sociali.
Anche se la sua passione per la fotografia era senza limiti, ci fu un avvenimento che la cambiò molto. Nel 1992, l’anno degli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Col cuore a pezzi ed esausta interrompe la sua carriera da fotoreporter ma non per questo abbandonerà la lotta preferendo invece concentrarsi sulle sue attività cooperative di sensibilizzazione e divulgazione. Ancora oggi grazie alle sue fotografie, la sua passione viene divulgata nelle mostre, grazie a lei, possiamo vedere dei momenti che immortalò che testimoniano l’oscenità dei movimenti mafiosi. Semplicemente grazie ad una donna che è stata unica ed essenziale e ha saputo vedere l’anima della Palermo bambina innocente
Giulia Baiamonte