Il nome della rosa – Recensione
Umberto Eco (Alessandria, 5 gennaio 1932) è un semiologo, filosofo e scrittore italiano di fama internazionale. Nel 1988 ha fondato il Dipartimento della Comunicazione dell’Università di San Marino. Dal 2008 è professore emerito e presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna. Saggista prolifico, ha scritto numerosi saggi di semiotica, estetica medievale, linguistica e filosofia, oltre a romanzi di successo. Dal 12 novembre 2010 Umberto Eco è socio dell’Accademia dei Lincei, per la classe di Scienze Morali, Storiche e Filosofiche.
Nei suoi romanzi, Eco racconta storie realmente accadute o leggende che hanno come protagonisti personaggi storici o inventati. Inserisce nelle sue opere accesi dibattiti filosofici sull’esistenza del vuoto, di Dio o sulla natura dell’universo. Eco è attratto da temi piuttosto misteriosi e oscuri (i cavalieri Templari, il sacro Graal, la sacra Sindone ecc.). Nei suoi romanzi gli scienziati e gli uomini che hanno fatto la storia sono spesso trattati con indifferenza dai contemporanei. L’umorismo è l’arma letteraria preferita dallo scrittore Alessandria. Le varie citazioni latine e gli innumerevoli collegamenti a opere di vario genere, conosciute quasi esclusivamente da filologi e bibliofili, rendono romanzi come Il nome della rosa o L’isola del giorno prima un turbinio di nozioni di carattere storico, filosofico, artistico e matematico. Centrale ne Il nome della rosa è la questione del riso. Ne Il pendolo di Foucault Eco affronta temi come la ricerca del sacro Graal e la storia dei cavalieri Templari, facendo numerosi cenni ai misteri dell’età antica e moderna. Ne L’isola del giorno prima l’umanità intera è simboleggiata dal naufrago Roberto de la Grive, che cerca un’isola al di fuori del tempo e dello spazio. In Baudolino crea un personaggio medioevale, senza far trapelare la natura menzognera o non del protagonista, il quale viaggia alla ricerca di un paradiso terrestre (il regno leggendario di Prete Gianni). Ne La misteriosa fiamma della regina Loana riflette sulla forza e sull’essenza stessa del ricordo; in questo caso rivolto a episodi accaduti nel XX secolo. Il cimitero di Praga è incentrato sulla natura del complotto e in particolar modo la storia (soprattutto ‘europea’) del popolo ebraico.
Il nome della rosa è un libro che può piacere a tutti gli amanti del genere giallo. Umberto Eco ci presenta ancora una volta un libro pieno di introspezione, con dibattiti sulla teologia e la filosofia. Il periodo in cui è ambientato -il Medioevo-, rende il romanzo ancora più interessante per il lettore. Numerose possono essere le chiavi di lettura, anche se i protagonisti fanno uso del metodo deduttivo, basato sulla ragione e la scienza, per arrivare ad accertare la verità; a differenza del modello classico del giallo però, Il nome della rosa si conclude con il successo dell’assassino, che, pur morendo, riesce a distruggere il manoscritto di Aristotele tanto agognato.
Trama del libro: Il romanzo è ambientato nel Medioevo ed è diviso in un totale di sette giorni; ha come narratore uno dei protagonisti, l’anziano monaco Adso da Melk, che al tempo della storia era solo un novizio. Il vecchio Adso racconta che a quei tempi, insieme al suo maestro Guglielmo da Baskerville, si recò in un monastero in nord Italia per partecipare ad un congresso. Allo stesso tempo, però, l’Abate del monastero incarica Guglielmo di trovare una spiegazione alla morte di uno dei monaci, in quanto il maestro era stato un inquisitore. Alla morte del primo monaco, Adelmo, se ne susseguono delle altre: Guglielmo ed Adso sono sempre più sconvolti ma allo stesso tempo il loro ingegno si acuisce per mettere fine a queste strane morti, inizialmente pensate come suicidi. Le vicende che si susseguono sono numerose e sempre più strane, proprio come sono strani i monaci che abitano l’abbazia: uno, di nome Salvatore parla varie lingue componendo un discorso che si può definire una mescolanza, un altro di nome Jorge è un vecchio monaco che disprezza il riso e tutto ciò che ne segue, sostenendo che Gesù Cristo non avesse mai riso. Gugliemo ed Adso capiscono che gli strani eventi sono collegati alla biblioteca dell’abbazia, e quindi cercano di avvicinarvisi, ma sempre con scarsi tentativi. Una sera Adso, cercando di accedere alla biblioteca, incontra una giovane paesana in cerca di cibo. Per un momento di follia, Adso tradisce il suo voto di castità, e il giorno dopo, pentito, si confessa al maestro che con severità ed un pizzico di indulgenza lo ascolta.
La situazione diventa quasi insostenibile quando all’abbazia arriva l’inquisitore Bernardo Gui, il quale trova la fanciulla e il monaco Salvatore additandoli come eretici e sostenendo che i due stessero compiendo dei riti satanici. Gui fa torturare i due insieme ad un altro monaco che aveva intrattenuto dei commerci con la ragazza. Proprio in questo lasso di tempo, prima che i tre vengano bruciati vivi, Guglielmo ed Adso trovano la soluzione all’inspiegabile morte dei monaci: nella biblioteca è nascosto il libro ritenuto fatale. Si tratta dell’ultima copia rimasta al mondo della Poetica di Aristotele, che tratta della commedia e del riso. Il maestro si accorge che gli angoli delle pagine sono avvelenate. Alla fine il vecchio Jorge, ideatore dell’inganno, offre a Guglielmo il libro e il frate lo sfoglia con un guanto. Preso da un momento di follia, Jorge mangia le pagine del libro in modo tale che nessuno possa più leggerle, morendo avvelenato. In preda alla morte, Jorge provoca un incendio che distruggerà definitivamente la biblioteca e che inghiottirà nel fuoco l’intera abbazia. Per fortuna la fanciulla è riuscita a salvarsi dal rogo e Adso riuscirà a salutarla un’ultima volta, senza sapere però il suo nome.
Il riadattamento cinematografico è stato diretto da Jean-Jacques Annaud, con il noto Sean Connery nei panni di Guglielmo da Baskerville e Christian Slater come Adso. Anche se in alcune parti discordante dal libro e con una trama più facile, il film si può definire comunque un vero e proprio successo.
Sarah Rosa Torregrossa