Franca Viola: Il coraggio di dire no
Soltanto tra gli anni Ottanta e Novanta del ventesimo secolo sono state approvate le norme contro gli abusi sessuali. Fino a quel momento, se un uomo uccideva una donna, che lo aveva tradito, e il suo amante era considerato “delitto d’onore”, se un uomo violentava una donna, poteva ricorrere al matrimonio riparatore per “salvaguardare” l’onore della donna e non riscontrare alcuna pena. Le donne per evitare di disonorare la loro famiglia e non rovinare la propria reputazione erano costrette ad accettare il matrimonio. Questo fu quello che non fece Franca Viola. Figlia di una famiglia di contadini d’Alcamo, nata il 9 Gennaio 1948 e promessa a Giuseppe Ruisi, suo caro amico d’infanzia. Franca però attirò l’attenzione di Filippo Melodia, figlio di un mafioso, che il 26 Gennaio del 1965 rapì lei e il fratellino di soli 8 anni segregandoli in un casolare di campagna. Il piccolo venne rilasciato dopo due giorni ma la stessa sorte non toccò a Franca che venne trasferita a casa della sorella di Melodia dove fu privata di cibo e acqua per giorni e alla fine privata della propria innocenza. 1 Gennaio 1966 Melodia contatto Bernardo Viola, padre della ragazza, per procedere con il matrimonio. La famiglia finse di acconsentire alla cerimonia facendo però arrivare la polizia che arrestò Melodia e riuscì a salvare Franca.
Durante il processo che seguì la difesa tentò invano di screditare la ragazza, sostenendo che fosse consenziente alla fuga d’amore, la cosiddetta “fuitina”, un gesto che avrebbe avuto lo scopo di ottenere il consenso al matrimonio e mettere la propria famiglia di fronte al fatto compiuto, e che il successivo rifiuto di Franca di sposare il rapitore sarebbe stato frutto del disaccordo della famiglia per la scelta del marito. Filippo Melodia fu condannato a 11 anni di carcere, ridotti a 10 con l’aggiunta di 2 anni di arresti domiciliari scontati nei pressi di Modena. Melodia uscì dal carcere nel 1976 e fu ucciso da ignoti, il 13 aprile 1978, nei dintorni di Modena, con un colpo di lupara. La norma invocata a propria discolpa dall’aggressore, l’articolo 544 del codice penale, che recita “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. L’articolo 530 sopracitato invece “Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli 519, 520 e 521, commette atti di libidine su persona o in presenza di persona minore degli anni sedici, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Alla stessa pena soggiace chi induce persona minore degli anni sedici a commettere atti di libidine su se stesso, sulla persona del colpevole, o su altri. La punibilità è esclusa se il minore è persona già moralmente corrotta. Queste leggi sono state abrogate con la legge 442, promulgata a sedici anni di distanza dal rapimento di Viola, e solamente nel 1996 lo stupro da reato “contro la morale” sarà riconosciuto in Italia come un reato “contro la persona”.
Il processo fu lungo e si svolse a Trapani, dove Franca fu trasportata da una camionetta della polizia e partecipò a tutte le udienze. Per quanto riguarda la sua scelta anziché essere apprezzata, venne criticata dall’opinione pubblica. La famiglia subì ricatti e minacce.
Durante un’intervista Franca dichiarò «Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce». dichiarò inoltre «Non ho mai avuto paura, non ho mai camminato voltandomi indietro a guardarmi le spalle. È una grazia vera, perché se non hai paura di morire muori una volta sola».
Alexandra Andreea Hriscu, Federica Scaletta