Donne dududù in cerca di riscatto. Meno fiori, più rispetto
Ieri 8 marzo 2012, per la 103esima volta nella storia, si è celebrata la Giornata della Donna, dedicata alle memorie delle conquiste fatte dalle donne in politica e nella società. Nel 1909 negli Stati Uniti si decise di festeggiare il “Woman’s Day”, in occasione della conquista del diritto di voto e dei movimenti borghesi femminili. E’ un giorno che ogni anno va riconfermato sempre di più; i diritti della donna vengono calpestati e tramortiti in un mondo dove i diritti in genere stentano a trovare affermazione.
“Hanno costruito per me una gabbia
affinché la mia libertà
fosse una loro concessione
e ringraziassi e obbedissi.
Ma io sono libera prima e dopo di loro,
con e senza di loro
sono libera nella vittoria e nella sconfitta.
La mia prigione è la mia volontà!
La chiave della prigione è la loro lingua
ma la loro lingua si avvinghia
intorno alle dita del mio desiderio
e al mio desiderio non impartiscono ordini.
Sono una donna.
Credono che la mia libertà sia loro proprietà
e io glielo lascio credere
e avvengo”.
Così scrive la poetessa e giornalista Joumana Haddad nel suo componimento “Sono una donna”. Joumana è il prodotto di un paese arabo particolare, dove una donna in minigonna ed una con il velo si rispettano e non tentano di influenzare i rispettivi stili di vita.
Tuttavia migliaia di donne tuttora soffrono ingiustizie sociali fortemente discriminanti. L’umiliazione privata e pubblica è ancora una realtà di fatto e quasi sembra un miraggio la possibilità di riscatto. Ed è in nome di tale riscatto, dei sacrifici e delle lotte di tante altre donne che oggi celebriamo la figura femminile e la parità dei sessi. Tradizionalmente si regala un ramoscello di mimosa, simbolo di tale parità.
Ma le donne, forse, preferirebbero più rispetto e meno fiori.
Sabrina Calabria
Salvatore Di Carlo