Arbitro ha fischiato: addio a Boškov
Boškov, un grande allenatore ma soprattutto un grande uomo. A pochi giorni dalla scomparsa di Tito Villanova (ex allenatore del Barcellona sconfitto dal cancro ), il calcio si veste di nuovo a lutto.
L’allenatore serbo Vujadin Boškov è morto a 82 anni dopo una lunga malattia. Aveva cominciato ad allenare in Svizzera, che poi divenne casa dei suoi figli. Aveva allenato e vinto in Olanda, in Spagna, anche a Madrid , due coppe di Spagna, la Liga. E poi era venuto in Italia da allenatore, dopo esserci stato un anno da giocatore, nella Sampdoria, intorno ai 30 anni, con le caviglie che non erano più quelle di un ragazzino. A Genova, con la Samp, aveva continuato a fare quello che sapeva fare, con passione, vinse due Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa italiana e uno Scudetto .
«La gioia più bella», raccontava. E non era una battuta ruffiana, era quello che pensava, verità verità, come diceva lui: «Perché questa società non ha ancora 50 anni e uno scudetto qui è come quando nasce il primo figlio. Una felicità che non hai mai assaporato».
Poi, nel racconto della sua carriera c’è Wembley, c’era stata un’altra finale di Coppa dei Campioni, col Real. Famosissimo anche per alcune frasi fulminanti, come «gli allenatori sono come le gonne: un anno vanno di moda le mini, l’anno dopo le metti nell’armadio».
«Rigore è quando arbitro fischia» amava ripetere, con lapalissiano candore.
Boskov amava sdrammatizzare e, quando ad esempio parlava del fantasista della sua squadra, ripeteva «Con le sue finte disorienta avversari, ma pure i compagni».
«Grandi squadre fanno grandi giocatori. Grandi giocatori fanno spettacolo e migliore calcio» era un altro aforisma che lo resero immortale, personaggio a ogni latitudine.
In Serbia i funerali si sono svolti mercoledì 30 Aprile. Boskov era cittadino del mondo. Grande uomo di calcio e di sport, con una mentalità aperta e moderna.
Marco Prestigiacomo